Tina è un’agente dalla fisionomia deforme in servizio presso la dogana di una cittadina svedese.
Dotata di un vero e proprio superpotere – un olfatto prodigioso che le permette di leggere le emozioni più recondite dei viaggiatori come la paura, la rabbia o la vergogna – ha un’esistenza piatta con un uomo che non la ama e un padre ospite presso una casa di cura per anziani. Un giorno Tina odora alla dogana una creatura molto simile a lei, verso la quale prova da subito un’attrazione violenta tanto da trascinarla in una relazione che la guida al cuore stesso del mistero della sua singolare esistenza.
Piccolo gioiello visionario e disturbante che mischia atmosfere fantasy a scene iperreali, Border – Creature di confine del regista svedese-iraniano Ali Assabi, è un film sorprendente e unico nel suo genere per la peculiare capacità di scavalcare i cliché sulla diversità e l’emarginazione, visti come occasione per abbassare il velo delle apparenze e scoprire così la vera natura di ognuno di noi, per quanto terribile o inaccettabile possa sembrare.
Tratta da un racconto dello svedese John Ajvide Lindqvist (lo stesso di Lasciami entrare), la pellicola cerca con successo di raccontare la sofferenza che provoca non conoscere se stessi e la natura dei propri desideri, in un mondo dove tutti sembrano nascondere qualcosa o ignorare se stessi e le proprie radici.
Border – Creature di confine è dunque un’opera che amplia la percezione che abbiamo del reale e del fantastico, attraverso una messa in scena violenta e cruda che spiazza lo spettatore e al contempo ne allarga la visione e l’apertura mentale, conducendolo via via a varcare nuovo confini che rifuggono qualsiasi definizione o limite. Perché la forza di Border sta proprio nella continua rottura degli argini di stile quanto di trama, fino a diventare esso stesso un film diverso, una creatura di confine, che può piacere o meno, ma che difficilmente si dimentica.