Tra i tanti ambiti dove si ha a che fare con “promesse” ve ne sono due che ho frequentato, frequento e frequenterò a lungo: i campi da calcio e la musica.
Sui campi da calcio ho militato per anni col mio numero 8: mediano di contenimento, piedi discreti, poca spinta e molti falli. Poi ho smesso, i giovanotti del 2000 avevano cominciato a darmi del lei (oltre a diversi metri sullo scatto) ma da sempre seguo la mia squadra del cuore, l’Empoli FC.
Cosa c’entrano le promesse? Beh, il calcio è pieno di promesse, da quel giovane che sarà destinato alla Champions (e da Empoli ne son passati parecchi) fino a quelle che preferisco: “Arbitro, ti aspetto fuori!” oppure “Alla prossima ti do alle gambe” ma anche “Mo je faccio er cucchiaio”. Queste ultime quasi sempre mantenute.
E poi la musica, i palchi, i concerti, quei localetti dove centinaia di giovani sbarbatelli dal look alla Kurt Cobain con strumenti da due soldi (i più fortunati con la Les Paul dello zio) provano a impressionare il pubblico. Sono le “giovani promesse del mondo musicale”, quasi sempre destinate a rimanere nei circoli ARCI, qualche volta invece a diventare gli Offlaga Disco Pax (ndr).
A dicembre, il 2 dicembre 2016, è uscito un disco che ha riunito questi due mondi in maniera eccelsa: “Pedate” dei Sex Pizzul. Già il nome mi ha fatto innamorare, la fusione tra uno dei gruppi che ha segnato la mia adolescenza inquieta, i Sex Pistols, e il commentatore per eccellenza, il Brunone Pizzul nazionale (“Signori, tuuutto mooolto béllo”).
Il disco è l’esordio di un terzetto fiorentino (ahimè, anche di fede calcistica), un supergruppo che vede tutti artisti già noti al pubblico toscano e non: Francesco d’Elia (Tribuna Ludu, King of the Opera) alla voce ed ai synth, Simone Vassallo (anche lui già con King of the Opera) alla batteria e voce, e Irene Bavecchi (Kill the Nice Guy e Le Furie) basso e voce. La squadra è fatta: ruvida quando serve con entrate al limite per poi ripartire in contropiede, colpi di tacco e finalizzazioni da numeri 10. Una squadra completa, calcio/musica totale. La muta è bellissima: una splendida copertina disegnata da Alberto Becherini (uno che ha già disegnato per Rancid e Get Up Kids, così per dire), un caos giallo/rosa dove spiccano emblemi di un calcio vero, da stadio non da pay-tv.
Entrando nel vivo del gioco, le lunghe sessioni musicali dall’attitude distorta e punk, come in un lurido campo di periferia fanno da coro a canzoni dedicate a squadre mitiche (Go Foxes, St. Pauli), giocatori mitici (El Tanque, Flyng Scorpio, Irina te Amo) e ad atmosfere sportive ormai fuori moda (Stadium).
Il disco suona autentico e diretto senza troppi fronzoli con quel tocco di classe e psichedelia fatta da chi di Musica ne ha masticata e ne mastica ancora. L’ascolto di “Pedate” è come vedere Johan Cruijff col numero 10 nella peggior squadra UISP. “Pedate” è un disco che proprio come il leggendario “Olandese volante” in un campo di 3ª Categoria, emerge dalla mota per segnare in rovesciata.
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